:: CULTURA  
  DAL PRIMO AMORE AD ASPASIA. LEOPARDI E LE DONNE
Cesare Granati
     

 

 

Giacomo Leopardi, nella mente di milioni di studenti, è un uomo triste e ingobbito, senza interesse alcuno al di fuori della letteratura e che le donne le guardava da lontano, scrivendo poesie e immaginando come sarebbe stato ma non poteva essere, rassegnato ad un’esistenza solitaria e priva d’affetto. Di certo, Giacomo Leopardi, nato a Recanati nel 1798, soffrì di una profonda depressione per gran parte della sua vita, ma aveva bisogni e desideri piuttosto comuni. Infatti sappiamo che lasciata la casa paterna, dopo il 1822, nei suoi viaggi in giro per l’Italia frequentò diversi bordelli. Dai carteggi con l’amico Antonio Ranieri, molto vicino al Leopardi e primo biografo del poeta, sappiamo che, giunto nella bella città ai piedi del Vesuvio, Leopardi rimase deluso dalle donne, che dovevano essere più libere e meno attente all’aspetto fisico del proprio uomo, ma che in realtà, anche lì, per concedersi al poeta volevano essere pagate.

Le donne cantate dal Leopardi furono Geltrude Cassi, sua cugina; Teresa Fattorini, la Silvia della famosa canzone; Maria Belardinelli, probabilmente la Nerina delle Ricordanze e infine Fanny Targioni Tozzetti, conosciuta a Firenze, cui dedicò il ciclo poetico dell’Aspasia, nome della donna amata da Pericle. Analizzando le poesie è possibile individuare le caratteristiche di questi quattro amori leopardiani.
Geltrude Cassi giunge a casa Leopardi nel 1817 e vi resta per alcuni giorni. A lei il giovane poeta dedica la poesia Il primo amore. Leopardi non si dichiarò mai e, pur vivendo le passioni cantate mentre la donna amata era sotto il suo stesso tetto, la poesia risulta essere più un discorso interno all’animo del poeta che un’ode a Geltrude. Questo componimento sarà inserito dal Leopardi nei Canti tra L’ultimo canto di Saffo e Passero solitario, due poesie della maturità. Il poeta canta un amore impossibile che nasce come fantasia irrealizzabile. La natura e la fantasia del poeta sono in eterno contrasto. La bellezza della donna amata è un dolce inganno. Il tema centrale, più che l’amore, è la negazione dell’amore stesso. È la tragica tensione destinata a reggere tutto il lavoro del poeta di Recanati. È dal contrasto tra realtà e ambizione del poeta che si genera il pessimismo di Leopardi. Non possiamo considerarla come una semplice poesia d’amore. Geltrude è un’altra triste prova di come la felicità sia irraggiungibile. E cosa resta se la bellezza non esiste, se è solo illusione? La noia. La noia mortale che deriva dal nulla e che nel nulla trascina lo spirito. Per questo la poesia è considerata dall’autore stesso una poesia della sua fase matura, perché porta con sé tutti gli elementi tipici del poeta di Recanati.

Silvia (alias Teresa Fattorini) era la figlia del cocchiere di casa Leopardi. Morta di tisi in giovane età, quella ragazza dagli occhi ridenti e fuggitivi rappresenta l’idea stessa di illusione perduta. La giovinezza è il momento dell’attesa, soprattutto per il Leopardi. Da ragazzo guardava al di là delle mura della casa paterna nella speranza che, divenuto adulto e quindi libero, avrebbe potuto godere dei piaceri che erano a lui negati nel paese d’origine. Crescendo scoprirà che la felicità non esiste, è solo uno scherzo della natura, la quale costringe l’essere umano ad inseguirla rendendo il suo fallimento ancora più doloroso: non basta sapere che la felicità non esiste per poter smettere di cercarla. Se l’amore per Geltrude possiamo definirlo come un amore platonico, divenuto mezzo per un dialogo interiore grazie alla perizia e al genio del poeta, il sentimento che Giacomo prova per la Silvia della canzone è puramente poetico. La ragazza è una metafora che serve per descrivere il senso profondo dell’esistenza.
La poesia fu scritta dal Leopardi intorno nel 1828, dieci anni dopo la morte di Silvia. Era nella solitudine che il poeta riusciva a sublimare i suoi ricordi. Attraverso il lessico e la struttura dei suoi poemi, Leopardi portava nell’infinito il lettore. Lì poteva trovare la verità senza curare il suo animo, ma potendo trasformare il suo pessimismo nella straordinaria energia del suo poetare.

Un sentimento simile a quello che provava per Teresa Fattorini, di malinconia e tristezza per una giovane vita spezzata, lega Leopardi alla Nerina delle Ricordanze. Maria Belardinelli viveva di fronte a casa Leopardi e la finestra di camera sua era proprio di fronte a quella di Giacomo. La poesia fu scritta nel 1829, durante un’estate trascorsa a Recanati. Nerina era morta l’anno prima e, non ritrovandola più, diventa essa stessa uno dei ricordi del poeta. La voce di Nerina che lo chiamava dalla finestra non la sente più. È uno dei ricordi, un pezzo di felicità che solo da adulto riesce a comprendere fino in fondo. Quando non esiste più, quando non può più renderlo veramente felice.

Le vaghe stelle tra cui il poeta cantava la noia che lo affliggeva fin dalla giovinezza, sono quelle di Recanati. In nessun altro luogo la volta celeste era per Leopardi la stessa. Fugge quei luoghi, quel cielo meraviglioso. Si mette in viaggio e tra il 1830 e il 1833 è a Firenze. Gli amori che il poeta aveva cantato fino ad allora erano o platonici o un mezzo per conoscere la verità sull’esistenza. Soffriva il giovane Leopardi perché già sapeva di non avere speranze con Geltrude, ma era il dolore in sé più che la bellezza della ragazza a muovere il poetare di Giacomo. Silvia e Nerina erano simboli, non donne amate.
Fanny Targioni Tozzetti è stata l’unica donna corteggiata da Leopardi. Il poeta soffrì per amore, come soffriamo tutti noi. Il nome Aspasia che dà il titolo al ciclo di poesie con le quali Leopardi canta il suo amore infelice, già di per sé è un indicatore dell’unicità di questo rapporto. Aspasia era la donna amata da Pericle. Era una prostituta, non restava in disparte durante i banchetti, era colta e teneva testa agli uomini. Una donna vera, la cui sensualità aveva rapito il cuore di uno degli uomini più potenti dell’antichità. Fanny rifiutò Giacomo e il poeta cantò una delusione d’amore nel suo stile (i temi delle poesie sono l’infelicità, l’amore perduto, la morte), ma descrivendo anche la prima e unica femme fatale leopardiana. Si trasferì a Napoli perché lì poteva dividere le spese con l’amico Ranieri, ma alle spalle non si era lasciato Firenze. Era da Fanny che Leopardi fuggiva.

Fanny era una donna senza cuore? Aveva ragione Giacomo a lamentarsi della superficialità del genere femminile che non sapeva andare oltre il suo aspetto? Antonio Ranieri quando descrive il Leopardi, non nasconde che Giacomo curava assai poco il suo aspetto, senza emanciparsi dal giudizio altrui, ma risultando semplicemente trasandato. Anni dopo la morte del poeta, Fanny fu intervistata da Matilde Serao che le chiese proprio perché avesse rifiutato uno dei più grandi poeti della storia. La risposta ci ricorda che più che belle poesie d’amore, per conquistare una donna, serve avere a cuore l’igiene personale. Questa infatti l’impietosa risposta data alla giornalista “Mia cara, puzzava!”

 

Uscita nr. 50 del 20/109/2013