:: CULTURA  
  L’apprendistato di Frank Lloyd Wright: quando l’allievo supera il maestro
Alice Fasano
     

 

 

Una delle tante stranezze che avvolgono in un alone di mistero l’affascinante figura di Frank Lloyd Wright riguarda il suo anno di nascita. Egli dichiarò sempre di essere nato l’8 giugno del 1869, ma in realtà è probabile che fosse più vecchio di due anni e che barasse riguardo alla sua età per narcisismo, e forse anche per prendersi gioco di tutti e contravvenire in maniera provocatoria alle norme della società. L’eccentrica vanità e l’auto compiacimento furono caratteristiche imprescindibili del suo carattere, come anche l’atteggiamento canzonatorio e irriverente nei confronti della sofisticata borghesia cittadina.
I suoi genitori, William Wright e Anna Lloyd Jones, si conobbero nel Wisconsin quando il padre aveva cinquant’anni e un matrimonio alle spalle che lo aveva lasciato vedovo. I due si sposarono e in breve tempo ebbero tre figli, dei quali Frank era il maggiore. Dopo la nascita del terzo bambino, la famiglia Wright si trasferì nel Massachusetts per un breve periodo. A quell’epoca Frank aveva dieci anni e un fatto apparentemente di poca importanza segnò in maniera decisiva la sua formazione: i genitori fecero un viaggio a Philadelphia per visitare l’Esposizione centenaria del 1876 e la signora Wright, che era molto interessata alle moderne teorie educative, rimase affascinata dal lavoro dell’educatore progressista tedesco Friedrich Fröbel, morto venticinque anni prima. La rassegna comprendeva una piccola esposizione della serie di giochi che Fröbel aveva progettato per i suoi Kindergarten: dei semplici blocchetti geometrici che potevano essere accostati, sovrapposti, allineati e combinati in infinite maniere. Fu la prima realizzazione delle costruzioni per bambini che quasi settant’anni più tardi la Bauhaus ripropose nella celebre versione di legno colorato in rosso, giallo e blu progenitrice dei famosissimi LEGO. La signora Wright si mise subito in contatto con gli insegnanti froebeliani di New York e di Boston e in breve tempo predispose per il figlio una piccola area giochi nella sua stessa casa. Molte volte, negli anni maturi, Wright riconobbe che questi giochi, stimolando intensamente la fantasia, esercitarono un’importante influenza sulla sua formazione. La madre ebbe un ruolo fondamentale nell’incoraggiare il giovane Frank a studiare architettura, affrontando sacrifici immensi per consentire al figlio di iscriversi all’università del Wisconsin, dove i Wright erano tornati ad abitare pochi anni prima, stabilendosi nella cittadina di Madison. Nello stesso periodo William Wright abbandonò la sua famiglia, lasciando la moglie e i figli senza una fonte di sostentamento. Frank, che all’epoca aveva solamente quindici anni, decise di mettersi a lavorare per contribuire come poteva alle spese familiari. Poiché nella città non c’erano studi d’architettura, il ragazzo cominciò il suo apprendistato presso un impresario locale, Allen Conover, che progettava e costruiva edifici del tutto anonimi ma solidissimi. Wright divenne presto assistente alla costruzione di diversi cantieri, frequentando contemporaneamente i corsi all’università, dove si era iscritto alla facoltà d’ingegneria civile. Dopo due anni abbandonò tanto gli studi che l’apprendistato e partì per Chicago dove lo zio, il reverendo Jenkin Lloyd Jones, aveva incaricato il noto architetto Lyman Silsbee di progettare una nuova chiesa per la sua congregazione. Naturalmente Frank fu assunto come apprendista nello studio di Silsbee e cominciò subito ad occuparsi del progetto per la chiesa. Fu allora che il giovane sviluppò insofferenza verso l’esaltazione neoclassica che dilagava nel mondo dell’architettura, poiché anche Silsbee non condivideva affatto questa tendenza, preferendo uno stile piuttosto inglese, comodo e pratico: una sorta di stile “cottage”, dolcemente romantico ma senza nessuna ostentazione. Dopo meno di un anno, verso la fine del 1887, Wright chiese di essere assunto presso lo studio Adler & Sullivan che aveva appena vinto il concorso per la costruzione dell’Auditorium di Chicago. La sua richiesta fu accolta molto positivamente dai due soci che misero subito alla prova il giovane apprendista affidandogli i disegni per l’Auditorium. Secondo il progetto di Sullivan l’edificio avrebbe dovuto presentarsi massiccio e alquanto romanico all’esterno, sulla linea del magazzino Marshall Field di Richardson. Il registro stilistico cambiava notevolmente all’interno, dove un’esplosione di esuberanza si propagava negli ambienti, quasi fosse profusa nell’aria dalla ricchissima decorazione vegetale strettamente intrecciata, con erbe e foglie disposte secondo un ritmo ricamato, senza principio né fine, che si arrampicava ovunque sulle pareti. Wright venne così per la prima volta a contatto con il vocabolario del nuovo stile moderno: il Liberty. Dalle forme naturali che popolavano le facciate dei palazzi e sbocciavano sulle superfici dei mobili fingendo di sostenerne la struttura, egli trasse un significato ben più profondo del semplice piacere estetico: poiché esse erano, in realtà, forme strutturali utilissime a sviluppare quel principio che molti anni dopo il Maestro avrebbe definito “architettura organica”.

Lo studio di Adler e Sullivan non era molto organizzato per la progettazione di case private, occupandosi principalmente di elaborare piani per grandi edifici. Questi lavori venivano quindi affidati a Wright che dal 1888 in poi fu l’unico responsabile di questo settore. Casa Charnley rappresenta la prima realizzazione wrightiana indipendente del tutto disciplinata e non romantica: una composizione severamente classica formata dal basamento, dal corpo in muratura assolutamente liscio, alto tre piani, e dal tetto a lastra proiettato oltre il filo dell’edificio. In questi anni il giovane lavorò così duramente da guadagnarsi una posizione molto notevole all’interno dello studio, tanto che Adler e Sullivan concessero all’apprendista un contratto di cinque anni che, garantendogli una certa tranquillità economica, nel 1890 gli permise di sposare Catherine Tobin, una giovane ragazza di cui si era innamorato. Grazie al prestigio che gli derivava dall’aver ottenuto un impiego stabile presso il più rinomato studio di architettura di Chicago, alla giovane coppia furono concessi anticipatamente i fondi per costruire la propria casa nel sobborgo di Oak Park. Questa piccola abitazione, che fu terminata in meno di un anno, conteneva diversi particolari di quello che sarebbe diventato il repertorio wrightiano. Innanzitutto lo spazio era concepito in maniera fluida e unitaria, modulato unicamente da setti divisori più o meno liberi. Una fascia continua correva all’altezza dello stipite della porta lungo tutte le pareti, lasciando sotto di sé ogni apertura e delimitando una zona superiore trattata quasi come un fregio. Infine c’era il “cuore funzionale”, ossia una composizione centrale, compatta, dalla quale s’irradiavano tutti gli spazi. Non solo: questo centro propulsore, essendo costituito dal caminetto e dalla cucina, posti l’uno contro l’altra, fungeva anche da sistema di riscaldamento centrale.
Mentre nelle ore libere progettava queste case, Wright partecipò ad alcuni dei maggiori progetti dello studio. Tra questi, degno di nota è il Transportation Building per L’Esposizione mondiale colombiana, tenutasi a Chicago nel 1893. Con questo edificio Sullivan e Wright tentarono di affermare le potenzialità e le vitalità di un’architettura “onesta e democratica”, tipicamente americana, contrapposta al neoclassicismo di matrice Europea, simbolo di una vita urbana accalcata e formalistica. Lo splendido complesso che ne risultò era notevolmente diverso dagli edifici che gli sorgevano accanto: nella grande facciata monumentale un immenso archivolto in terracotta sostituiva i portici stile Beaux Arts e, contravvenendo alle rigide norme neoclassiche, l’intera composizione seguiva un andamento orizzontale. Il linearismo verticale disegnava ai loro occhi l’immagine dell’uomo eretto contro la natura, mentre quello che i due ricercavano era la direzione orizzontale, che simbolicamente rappresentava un’architettura legata alla terra.
Durante i mesi in cui lavorava al contributo per l’Esposizione di Chicago, Wright vide un modello del tempio giapponese tradizionale in legno, riprodotto a metà della grandezza naturale: era il padiglione ufficiale del Giappone. Sebbene egli negasse con fermezza di essere stato influenzato da questa cultura, è del tutto improbabile che le Prairie Houses dei primi anni ‘10 avrebbero assunto l’aspetto che le ha rese universalmente note senza questa fondamentale esperienza. I pilastri e le travi in legno scuro, i profondi sbalzi del tetto, i pannelli di cemento bianco inquadrati dalla nera struttura e l’intima relazione tra edificio e natura, che contraddistinguono queste case, sono la diretta conseguenza della profonda e durevole impressione che lo stile puro ed essenziale del padiglione giapponese esercitò sul suo animo.

Negli anni seguenti Wright fu molto impegnato nella progettazione di abitazioni private, poiché un numero sempre maggiore di persone scelse di rivolgersi direttamente a lui per questo tipo di lavori. Il giovane cominciò allora a lavorare di nascosto, talvolta usando uno pseudonimo, nel timore che i suoi principali potessero giudicare sconveniente questa febbrile attività che, oltre ad occupargli moltissimo tempo, rischiava di sottrarre importanti clienti allo studio. Un giorno, nel 1893, Sullivan scoprì il fatto e ne derivò una terribile discussione a seguito della quale Wright decise di licenziarsi. Fu la fine di una collaborazione tanto dialettica e prolifica quanto competitiva e burrascosa. Pochi anni dopo Sullivan, che soffriva di una forte depressione causata dal fatto che il suo brutto carattere aveva allontanato gran parte dei principali clienti dello studio, si ritrovò a vivere in condizioni squallide e in breve tempo morì di alcolismo. La carriera di Wright, invece, sembrava destinata ad una portentosa ascesa.

 

Uscita nr. 41 del 20/01/2013