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MISTERI E TECNICHE DELLA TRAPANAZIONE CRANICA NEL MONDO ANTICO: Intervista all’Antropologo Alejandro Ramirez |
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Il museo Nazionale di archeologia ed antropologia di Lima, raccoglie una delle collezioni più interessanti del passato pre-ispanico. La sua importanza risiede nel vasto e variegato patrimonio ospitato nelle innumerevoli sale espositive. Non è la prima volta che mi reco in visita a questo straordinario museo ma, in questa particolare occasione, sono in compagnia del dott. Alejandro Ramirez, medico e profondo conoscitore del Perù antico, della storia preincaica di questo paese, il quale, con grande disponibilità, mi ha offerto la sua sapiente guida. Ramirez è giovane, poco più che quarantenne, capelli neri ondulati e carnagione piuttosto scura e questi connotati lo fanno sembrare più un giovane spensierato che un apprezzato studioso. Il cervello è un organo molto delicato, spiega il dott. Ramirez, protetto da una scatola ossea rigida, costituita da due lamine sovrapposte, con un’intercapedine, che formano una struttura di considerevole robustezza. Quando un evento patologico causa una infiammazione, o una emorragia, o un aumento di volume all’interno del cranio, allora si instaura un incremento della pressione endocranica che si manifesta con precisi sintomi neurologici e che può essere fatale. Se focalizziamo l’attenzione sull’aspetto medico, gli antichi chirurghi avevano capito che un foro praticato nel cranio poteva raggiungere un importante obiettivo: ridurre la pressione endocranica e il conseguente schiacciamento del tessuto cerebrale. Per quanto riguarda l’aspetto magico-rituale il principio è simile: far uscire dal cranio gli spiriti maligni causa di malattia. Questo concetto può sembrare semplicistico, ma bisogna ricordare che ancora oggi per i curanderos peruviani la perdita della salute, la causa delle malattie, va ricercata in qualche cosa di soprannaturale: spiriti maligni appunto, magia o malocchio in grado di entrare in una persona e romperne l’equilibrio. Mentre parla, il dott. Ramirez mi guida attraverso il verde cortile del museo, all’interno di un lungo porticato. Si può ipotizzare che molte isterie guarissero dopo una manovra cosi traumatica. Di certo la trapanazione cranica era anche un’arma potente in mano agli stregoni del tempo. Con quale frequenza compare nei reperti archeologici dell’epoca preincaica la trapanazione del cranio? Chiedo ancora. Era ampiamente diffusa: una ricerca condotta sulle mummie preincaiche riporta una percentuale di trapanazione del 5%! E in alcuni casi veniva ripetuta due o tre volte. Questi interventi sorprendono ed affascinano non solo perché richiedevano abilità tecnica, ma anche perché venivano eseguiti senza la conoscenza dei moderni principi di asepsi. E la percentuale di successo era piuttosto alta, se si analizzano i crani con segni di riparazione cicatriziale. Alcuni studiosi hanno proposto che il frammento prelevato dopo la morte avesse un significato di amuleto o di trofeo. E’ a tuttoggi un enigma che si aggiunge all’alone di mistero che circonda le origini storiche della neurochirurgia. Entriamo in una saletta semibuia dove sono esposti alcuni crani illuminati da faretti nascosti che creano un’atmosfera suggestiva, misteriosa. Alejandro Ramirez mi guida verso una bacheca di vetro. Questo è il cranio di un uomo adulto. Qui vediamo chiaramente un esempio di trapanazione per raschiamento mediante l’utilizzo di una pietra abrasiva (Fig. 1).
Questa tecnica era la più semplice, la più diffusa ed anche la più antica. Richiedeva tuttavia tempo, come ha dimostrato già nella seconda metà dell’ottocento il famoso antropologo francese Paul Broca: dimostrò la fattibilità di questo intervento sul cadavere di un uomo adulto impiegando circa 50 minuti di lavoro manuale. Tutto questo dimostra anche che gli antichi chirurghi dovevano avere a disposizione valide tecniche di sedazione, quindi una buona conoscenza delle droghe e delle piante medicinali delle loro regioni.
Veniva praticata ricorrendo all’uso di un rudimentale trapano a mano. Prima si praticava una serie di fori ravvicinati che poi venivano uniti con l’uso di uno strumento tagliente di ossidiana (Fig.3)
Ci soffermiamo a osservare altri reperti; mi concedono di scattare alcune foto.
La tecnica delle incisioni era piuttosto diffusa e facilitava la cranioplastica, ossia la chiusura della breccia ossea per favorire la guarigione. Per vedere tutto questo, però, ci dobbiamo spostare al Museo de Oro. Per quanto riguarda questo reperto non è corretto parlare di trapanazione: l’apertura è stata praticata con incisioni lineari profonde che si intersecano in modo da ottenere un foro rettangolare. Questo metodo permetteva, al termine dell’intervento, di riporre in sede il frammento di osso rimosso. Il mondo preistorico è pieno di esempi di trapanazione, mentre rare sono le cranioplastiche. (Fig 5)
In questo cranio, invece, è stata addirittura utilizzata una protesi costituita da una lamina d’oro, inserita a pressione tra i due foglietti di osso corticale e stabilizzata in questa posizione. Circa un’ora dopo, è ormai l’imbrunire, stiamo gustando un piscosauer, il noto aperitivo peruviano superalcolico, seduti sulla terrazza di un locale nel quartiere di Miraflores. Davanti a noi l’immensa distesa dell’oceano pacifico si perde all’infinito in una leggera foschia. C’è qualche cosa di magico, di misterioso in questo atto. Qualche cosa che collega il mondo soprannaturale a quello materiale dell’uomo. Si tratta in fondo solo di un foro nell’osso, un foro, però, che per gli antichi rappresentava una porta tra il mondo conosciuto e il mondo degli spiriti, dell’ignoto. Proprio così! E’ incredibile ma furono una ventina le persone che lo fecero! E poi ancora: esisteva in Messico, non molto tempo fa, una Church of Trepanation, dove era possibile farsi trapanare il cranio per un modico prezzo. Il Dott. Alejandro Ramirez mi racconta tutto questo fissandomi con i suoi occhi neri e sul viso un’espressione intelligente e curiosa e sorridendomi con sottile ironia, alza il bicchiere di piscosauer: Salud! |
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Uscita nr. 21 del 20/05/2011 |